sabato 2 aprile 2011

Trascrizione di una riunione con giovani egiziani interessati all’Umanesimo, Il Cairo, Egitto 3 marzo 2011

Tomas Hirsch
La riunione, a cui hanno partecipato una ventina di giovani egiziani, si è tenuta nell’ufficio di uno di loro, che avevamo già incontrato insieme ad altri una settimana prima. Poi si sono visti tra loro per  studiare il Documento Umanista. La forma della riunione è stata in base a domande che si erano preparati prima, studiando il Documento Umanista. Le risposte sono di Tomy Hirsch.

1.- Cosa abbiamo in comune e cosa ci differenza dal capitalismo e dal comunismo?

Con il capitalismo abbiamo pochissimo o niente in comune. Con il comunismo abbiamo differenze  dottrinarie, metodologiche e differenze rispetto al tipo di società alla quale aspiriamo.
Il tema è ampio, ma dal punto di vista dottrinario possiamo dire che l’umanesimo pone al centro l’essere umano, un essere umano attivo, capace di trasformare  la società e se stesso.  Per il comunismo invece l’essere umano è passivo, è il risultato delle condizioni “oggettive” in cui gli capita di vivere. Questo è uno sguardo meccanicistico,  prodotto di un’epoca meccanicistica in cui si sono inventate le locomotive. Per loro l’essere umano risponde a condizioni imposte dall’ambiente esterno; basta cambiare questo ambiente per risolvere tutto. Secondo il punto di vista umanista invece l’essere umano è intenzionale, è il protagonista della storia e può ribellarsi alle condizione imposte dall’ambiente sociale. Per l’umanesimo l’essere umano è libertà, libertà di accettare o rifiutare le condizioni in cui gli tocca vivere.
Dal punto di vista metodologico per noi l’unica metodologia possibile è la Nonviolenza. A sua volta il cambiamento rivoluzionario non si misura in base ai litri di sangue versati, ma alla  capacità di trasformazione strutturale che si propone e si realizza.
Dal punto di vista della società a cui aspiriamo, come umanisti non crediamo che lo Stato debba controllare tutto. Non crediamo in uno Stato che si assegna il ruolo di rappresentare i lavoratori. Il comunismo punta al centralismo, l’umanesimo alla decentralizzazione.  Il comunismo concentra nello Stato, il capitalismo concentra nei monopoli e l’umanesimo cerca la decentralizzazione del potere. Quindi c’è una grande differenza rispetto al  tipo di società alla quale aspiriamo.
L’umanesimo propone una nuova relazione tra capitale e lavoro. Il capitale produttivo è necessario e va bene che esista, è il denaro posseduto da un tizio che vuole aprire una fabbrica per produre magliette. Questo capitale è necessario e poi le magliette le fanno i lavoratori. Quello che per noi è di troppo è il capitale speculativo. L’altro capitale, quello che muove le imprese, va benissimo, ma quando una multinazionale compra milioni di azioni di un’impresa egiziana, non crea un solo posto di lavoro, ma può guadagnare milioni di dollari speculando su queste azioni. E’ molto diverso se arriva denaro per essere investito come capitale produttivo e creare lavoro. Questi due fattori, capitale produttivo e lavoro, sono i fattori che muovono l’economia. E’ vero che i paesi comunisti  hanno dato benefici sociali ai loro popoli, però a costo della libertà, che in quei posti ha subito forti limitazioni. La società umanista è libertaria. A sua volta il liberismo “parla” di libertà, ma poi questa libertà se la godono in pochi.  Se dovessimo definire un nemico, diremmo che è la banca, il capitale finanziario speculativo.

2.- Se parliamo della relazione tra lavoratori e capitale, come si dividono i profitti?
Oggi l’unica forma economica che si avvicina alla proposta umanista sono le cooperative. Non esistono molti esempi concreti di quello che stiamo proponendo.  La cooperativa è una forma di organizzarsi nella quale tutti i lavoratori sono padroni dell’impresa. E’ una forma comunitaria nella quale ci dividiamo il lavoro e anche gli utili. Ognuno dispone di un voto e della stessa percentuale di partecipazione. Oggi cosa succede? Caso 1: Lo Stato apre una fabbrica di pantaloni, i lavoratori li fabbricano e lo Stato si prende i guadagni. Caso 2: Un imprenditore apre una fabbrica di pantaloni, mette il capitale, i lavoratori che fanno i pantaloni prendono un salario e l’imprenditore, ossia il capitale, si prende i guadagni. Nella società umanista chi ha messo i soldi si prende una parte dei guadagni e i lavoratori un’altra parte, ossia capitale e lavoro sono soci. Inoltre le decisioni si prendono insieme. Esistono buone esperienze di questa forma di organizzazione in cui guadagnano tutti, sia chi mette il denaro che chi mette il lavoro. Pertanto qui stiamo proponendo due punti centrali: a) il guadagno si divide tra chi ha messo il capitale e i lavoratori. b) le decisioni  si predono insieme. Per esempio decideranno insieme se reinvestire gli utili in nuovi macchinari, o se tenerseli. Nella società capitalista il padrone del capitale decide se investire i guadagni nella borsa di New York o comprarsi uno yacht, nell’impresa umanista si decide insieme. Ci sono imprese che danno partecipazine, però non nelle cose importanti, ma solo in quelle secondarie.

3.- Qual è la differenza tra  plebiscito e consultazione popolare?
C’è una differenza legale. Il plebiscito è vincolante, mentre la consultazione popolare non sempre lo è. L’importante nella società umanista è consultare permanentemente la popolazione prima di prendere decisioni. Oggi “si dice” che viviamo in una democrazia perché votiamo ogni quattro anni, però la gente non viene consultata sui temi fondamentali politici, economici e militari, che pure hanno un riflesso sulla sua vita.

4.- Come possiamo crescere come umanisti in Egitto, un paese basato sulla religione?
Per l’umanesimo l’essere umano con le sue credenze è il valore centrale, dunque non vieterà mai a nessuno di professare la sua religione, sempre che non la imponga ad altri. E se qualcuno non  professa alcuna religione, anch’egli va rispettato. L’umanesimo non impone una visione unica e pone come tema centrale la libertà religiosa, sessuale e politica. Si è vista molta gente che crede in dei diversi e poi si ammazza a vicenda perché uno dice che il suo dio manda lampi dall’occhio sinistro e l’altro dice che il suo lo fa con quello destro e alla fine si annientano per questo.  Che ognuno creda quello che è meglio per la sua vita! La società umanista rispetta tutte le differenze. Mi sembra che in una società come quella egiziana, in cui la religione è così importante, esistano buone possibilità, dati i valori promossi da questa religione.


5.- Che fare con la discriminazione verso le altre culture?

Siamo dovunque molti lontani dalla società di cui parliamo. Viviamo in un momento in cui si squalifica di continuo l’altro. Uno esce per strada a Mosca o a New York e ciò che sta succedendo qui in Egitto sembra qualcosa di marziano. Il cambiamento nel modo in cui ci vediamo e relazioniamo con altri comincia perché una generazione giovane vuole produrlo. In Norvegia non si parla neanche di questi temi. Questo comincia quando uno riflette sul tema e prende una decisione personale. Forse siamo pochi o forse molti, ma non importa. Se lo faccio a partire da una decisione personale alcuni l’approveranno e altri no. E’ una posizione umile, ma con molto senso e comunque non sono solo. Ci sono organizzazioni di studenti, lavoratori, vicini, organizzazioni piccole, che sono comunque più di un individuo da solo. Possiamo trasmettere queste idee e questo stile di vita. L’umanesimo trasmette un modo di vivere.

6.- Se l’umanesimo ha come base il rispetto della cultura altrui, come facciamo se questa è  violenta?
Esiste una tesi che è quella culturale, secondo la quale ogni cultura può fare quello che vuole, perché quella è la sua cultura. Se in una cultura cavano gli occhi ai bambini dicono che bisogna rispettarla perché è la loro cultura. Nella tesi umanista l’essere umano è al centro, al di sopra di ogni cultura. La tesi umanista non accetta che si violino i diritti umani usando la giustificazione culturale. Se in un paese si lapidano le donne, come umanisti rifiutiamo questa azione violenta, nonostante sia una pratica culturale stabilita. Quando si realizza questo atto, chi è che lo dice? Chi sta al potere. Loro dicono: in questa cultura si lapidano le donne. Be’, non ci va bene. Per esempio negli Stati Uniti c’è la pena di morte e noi questo lo rifiutiamo. Per gli umanisti questo si risolve rifiutando ogni forma di violenza. Tutte le religioni sono basate sul rifiuto della violenza, sul trattare bene gli altri, ma poi in pratica applicano spesso la violenza. 
Io non ho tutte le risposte su cosa convenga fare con un gruppo che ha  una cultura violenta. Non posso darti la ricetta. Magari anche in una società umanista ci saranno le prigioni, nonostante non ci piaccia. Se c’è un pazzo che vuole ammazzare la gente, non gli faciliteremo certo il compito. Però il tema centrale è che stiamo cercando di chiarire una direzione che mette al centro l’essere umano, priorizza la sua libertà, promuove la partecipazione,  crea una nuova relazione tra capitale e lavoro e propone la nonviolenza come metodologia d’azione.

7.- Come possiamo relazionare l’umanesimo con le nostre vite?
Consideriamo l’umanesimo uno stile di vita. Quando parliamo di una società umanista, di una società che propone di trattare gli altri come uno vuole essere trattato, questo non ha senso se non cerco di applicare questi principi nella mia vita. Qui sta la differenza tra contraddizione e coerenza. Coerenza è pensare, sentire e agire in una stessa direzione. Cerchiamo di essere coerenti nella vita, anche se non ci riusciamo sempre, ma lo facciamo perché questo dà un senso alla nostra vita. Crediamo che non sia possibile costruire una società umanista se non abbiamo  uno stile di vita umanista. Inoltre l’umanesimo non è solo azione sociale, ma anche trasformazione  personale. Vi parlo di partecipazione, ma a volte mi rendo conto che non do partcipazione agli altri. Per questo formiamo gruppi di trasformazione personale. Così come portiamo avanti un’azione sociale, ci prendiamo il tempo per fare seminari e lavori che ci aiutino a rafforzare questa direzione. Ciò che trasforma il mondo mi trasforma e viceversa. Parliamo di tutto questo proprio perché nel mondo c’è molta violenza. La violenza non è solo fisica, ma anche economica. La gente si indebita per dare ai figli una buona educazione e questa è violenza. C’è una violenza psicologica quando si tengono le popolazioni nel terrore. C’è violenza quando discrimino gli altri e anche quando vengo discriminato. C’è violenza generazionale. Si discriminano i giovani perché sono molto giovani e i vecchi perchè sono molto vecchi.

8.- Qui in Egitto c’è molta violenza, noi viviamo tutte le forme di violenza. Se fossimo al governo e si verificassero episodi di violenza, come li puniremmo?

Ci sono cose fondamentali che come umanisti non accettiamo, per esempio la pena de morte. Però più che pensare a quello che faremo quando saremo al governo, cosa ancora lontana, mi sembra importante chiarirci su come organizzarci adesso, così come proponiamo dei lavori che ci aiutano a migliorare la nostra vita.
Io proporrei tre piani di azione: la meditazione personale, il lavoro di gruppo e l’azione sociale. Alcune cose si possono spiegare e altre è più interessante viverle. In una conversazione Silo diceva a un amico: “Come faccio a spiegarti cos’è il colore rosso se tu non lo hai mai visto?”. L’esperienza è la base di tutto. Come trovare un proposito che dia direzione alla mia vita? Per che cosa sono al mondo? Queste mi sembrano domande fondamentali. Non facciamo questo per obbligo e tanto meno perché ci pagano. Invitiamo a costruire una vita piena di senso e questo può avere una grande proiezione nel campo sociale.

9.- Come si lavora con organizzazioni diverse da noi? 
Noi siamo sempre disposti a lavorare con altre organizzazioni, ponendo come condizione  che la metodologia d’azione sia la Nonviolenza. Non ci aspettiamo che siano identici a noi; la difficoltà a lavorare insieme possono averla loro, non noi, però vogliamo lavorare su un piano di parità.  Se  gli altri pretendono di prendere tutte le decisioni, questo non ci piace. Quello che ci piace è uno stile  paritario, diverso e con un buon modo di trattarsi a vicenda. 

10.- Se vogliamo creare coscienza, da dove cominciamo?
Dipende da ciò che uno vuole. Se voglio  una vita coerente lavorerò per trasformare la mia vita e quella degli altri. Non mi muoverei con una ricetta. Per noi ci sono l’azione sociale, la trasformazione personale e la creazione di Parchi di Studio e Riflessione. 

11.- Cosa sono questi parchi e qual è la loro importanza?
Sono luoghi che servono agli umanisti come riferimenti fisici di ispirazione. Tutto il progetto si può sviluppare senza un parco, però questi luoghi ci servono a ricaricare le batterie, a incontrarci e a pianificare. In certi posti non ci sono parchi, ma piccole salette e anche questo va bene. Adesso per esempio stiamo usando questo ufficio, ma potremmo avere un posto nostro. Questo ci dà indipendenza. Meglio senza soldi, perché se vengono da fuori arrivano 100 pesos e con loro arrivano 100 problemi. Abbiamo sviluppato grandi attività senza il finanziamento del sistema. Per esempio la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza.
L’importante ora è continuare a organizzarsi e a dare continuità a tutto questo. Ci sono molti umanisti disposti a venire ad appoggiare. In molti luoghi c’è gente che sta cercando questa strada.

12.- Qual è la posizione dell’umanesimo rispetto all’aborto e all’eutanasia?
La prima cosa è poter discutere di questi temi. Prima di decidere, è importante poter conversare e discutere. Nessuno vuole abortire, a nessuno piace, però ogni anno ci sono milioni di aborti. Bisogna poterne parlare, soprattutto devono poterlo fare le donne. La mia opinione è che a decidere dev’essere la donna incinta.
Riguardo all’eutanasia, si potrebbe semplicemente dire sì o no, ma non basta. Eutanasia significa  morire bene. L’umanesimo aspira a una società libertaria. Come abbiamo detto all’inizio, l’essere umano è intenzionale e quello che lo definisce è la libertà. Per questo rifiutiamo la violenza, perché nega la libertà altrui. Per l’umanesimo un essere umano ha il diritto di decidere se vuole o no vivere e come. Però questa persona è libera di porsi simili domande? Bisogna capire la situazione sociale che spinge una persona a non voler vivere. Questo sistema spinge la gente a morire. Bisogna essere liberi di decidere, ma in un contesto di giustizia sociale.

13.- Uno Stato basato sulla religione può essere un paese umanista?
Abbiamo parlato di libertà, di non imposizione. Se uno Stato decide per le persone, significa che le persone non sono il valore centrale. Chi è lo Stato per decidere per la gente? Lo Stato è controllato da persone. Prché certi cittadini devono decidere per altri? Noi aspiriamo a una società in cui  l’essere umano abbia la possibilità di decidere. Preché non lasciare che le persone facciano ciò che credono sia la cosa migliore per la loro vita? Il fatto che uno Stato decida per le persone è una delle maggiori forme di violenza.  Pertanto uno Stato basato sulla religione può benissimo essere un paese umanista, purché non imponga niente e permetta a tutti gli abitanti una totale libertà religiosa.

14.- E’ violento diffondere la propria religione?

Tu puoi trasmettere  le tue idee, ma non imporle. Puoi trasmetterle, se per te va bene, ma devi anche darmi la libertà di scegliere se voglio adottarle o no.
La riunione è terminata con un interscambio in cui i presenti ci hanno descritto la situazione attuale in Egitto, in cui i giovani si sentono protagonisti del cambiamento.
Alla fine si sono messi d’accordo per riunirsi ogni settimana per approfondire questi temi, cercare di definire posizioni e intraprendere azioni d’insieme, di fronte agli eventi che si susseguono in Egitto a grande velocità.